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Intervista a Marina BertolottiVice presidente SIPO NazionaleCoordinatrice Nazionale Gruppo Psicosociale AIEOPResponsabile del Servizio di PsiconcologiaPediatrica Città della Salute e della Scienza – Ospedale Regina Margherita
R: Bisogna dire la verità con i dovuti tempi e modi; dire bugie fa sentire i bambini imbrogliati sia dai medici sia dai genitori.Un tempo si preferiva non parlare della malattia. Oggi dalla comunità scientifica ha ormai riconosciuto l’importanza della verità.Molti medici, parenti o conoscenti, raccomandano a madri e padri di essere sempre forti, non farsi mai vedere piangere dai loro figli, perché altrimenti si spaventano e si deprimono ancora di più.Tuttavia, anche se i genitori devono rappresentare un sostegno per i figli e non dovrebbe accadere il contrario, esagerare nel mascherare la propria preoccupazione crea un circolo vizioso nel quale i sentimenti autentici sono nascosti. Il bambino comprende le difficoltà dei genitori e, talvolta, può perfino credere che i genitori siano distanti dalla sua esperienza. Insomma, anche ai genitori va riconosciuta la difficoltà dell’esperienza che stanno vivendo e vanno sostenuti.Essere attenti e sensibili, sostenere la speranza, inizia dal poter avere un rapporto sincero con i pazienti. Occorre dare dignità anche alla sofferenza ma non si deve bocciare qualsiasi progetto a distanza o, al contrario, sollecitare di continuo il pensiero del futuro.
R: Direal proprio figlioche haun tumore non è facile. E’ meglio sia il medico a dirloin quanto la comunicazione della diagnosi è un compito del medico che dovrebbe avere una formazioneche gli consente di comunicare la malattia nella maniera adeguata. Il lavoro integrato tra oncologo pediatra e psicologo è molto importante in quanto il medico apprende dall’esperienza comune ad approcciarsi al bambino per comunicare una triste diagnosi.Occorre parlare(ma soprattutto saper ascoltare) trovando le parole adatte all’età ed, eventualmente in modo graduale, lasciando aperta la speranza.I bambini e i ragazzi desiderano conoscere ciò che sta accadendo: mille sono i segnali che qualcosa di importante e difficile sta succedendo in famiglia e loro li colgono aldilà dei nostri tentativi di mascherare l’ansia o la tristezza.Spesso ciò che disorienta i sanitari è la rabbia che può essere manifestata da bambini che vivono il medico o l’infermiera come “cattivi”.Anche i genitori possono essere oggetto di rabbia soprattutto per i bambini piccoli e in certe fasi di malattia. E’ importante che le manifestazioni aggressive non siano favorite e sostenute come “sfogo”, ma vengano contenute. Per i bambini è dannoso pensare di aver aggredito gli adulti che si prendono cura di loro. E’ importante che di rabbia si possa parlare,prima che venga agita, e la si possa riconoscere anche come legittimo sentimento per ciò che sta accadendo.
R: La terapia antiblastica certamente spaventa e può provocare effetti collaterali anche importanti, alcuni generalmente controllabili con adeguate terapie di supporto. I bambini ricevono chemio, per certe patologie, in proporzione maggiore rispetto all’adulto; il fisico dei bambini, tuttavia, sopporta di più in quanto è più forte. Il bambino di solito è solito non ha altre patologie d’organo, al contrario di ciò che può accadere nell’adulto, e ha maggiori capacità di recupero.Anche gli eventuali effetti collaterali a distanza (“late effects”) di cui i genitori vengono informati dal medico, destano preoccupazione:oggi c’è molta attenzione a ridurre al minimo i possibili effetti a distanza, salvaguardando comunque l’efficacia della cura.
R: L’alimentazione può diventare un problema. Durante la chemio i bambini non possono mangiare verdure crude, salumi crudi, gelati sciolti, frutta senza buccia spessa e in generale cibi freschi perché il funzionamento del sistema immunitario viene compromesso e quindi, paradossalmente, sono da preferire i prodotti industriali in quanto più controllati. E’ difficile, a volte, far accettare alla mamma e al bambino questa realtà perché nell’immaginario collettivo i prodotti biologici sono migliori e soprattutto perché il cibo ha significati importanti (anche relazionali) per il bambino che non può più mangiare tutto ciò che piace e per il genitore.Come cambia la vita di tutti giorni: è possibile per i bambini continuare a frequentare la scuola, giocare e fare sport?R: La scuola oggi in ospedaleè garantita per ogni ordine e grado. E’ consigliabile contattare gli insegnanti dei figli e informarli di ciò che sta accadendo; per quanto riguarda la parte didattica, sarà cura e compito degli insegnanti della scuola ospedaliera contattare la scuola “di origine” del bambino/adolescente in cura.Sport e gioco sonolimitati dalle condizioni di salute e dal necessario periodo di isolamento. Nei momenti in cui un bambino non possiede le adeguate difese immunitarie non potrà frequentare luoghi chiusi e affollati (scuola, cinema, supermercati....). Ma sarà il medico che lo raccomanderà.
R: Il nostro servizio è rivolto ai bambini, ai fratelli e ai genitori. Una malattia come quella tumorale sconvolgela famigliacaricandola di sofferenza e anche a un punto di vista organizzativomette a dura prova le relazioni intrafamiliarie di coppia.In alcuni casi si intensifica l’unità della coppia genitoriale; in altri, soprattutto in presenza di un rapporto già in difficoltà, la malattia grave di un figlio peggiora la situazione. La legge 104 è certamente un grosso aiuto all’organizzazione familiare perché permette due anni di aspettativa retribuita ad uno dei due genitori.Oltre al bambino malato occorre prestare attenzione anche ai fratelli; è naturale che l’attenzione si concentri sul figlio malato e che i fratelli possano sentirsi messi da parte. Sono anche preoccupati delle condizioni del fratello, quindi, è molto importante dialogare con loro e rassicurarli.Una situazione particolare riguarda i fratelli donatori di midollo. In tali casi è necessaria una particolare attenzione al fratello sano per i significati che la donazione può assumere anche in rapporto alle dinamiche tra fratelli.Il fratello donatore di midollo osseo in molti casi può sentirsi un piccolo eroe ma avrà bisogno di tutto il sostegno dei genitorie dell’equipe curante nel caso in cui il trapianto non andasse a buon fine.L’equipe di Psiconcologia prende in carico i fratelli laddove necessario e segue tutti i fratelli donatori.
R: Infine, due i punti fermi:
Torino, 14 settembre 2017 (L.M.)